MMM - l'alleato invisibile per leggere l'impatto delle campagne
Proprio in queste settimane, il tema del Marketing Mix Modelling (MMM) sta tornando di grande attualità, anche grazie a strumenti open-source come Meta Robyn che stanno rendendo questa metodologia più accessibile a un pubblico sempre più ampio. Ma cos’è esattamente e a cosa serve questo strumento?
Negli ultimi anni, lavorare nel retail è diventato sempre più complesso: i canali di vendita si moltiplicano, il tracciamento degli utenti è limitato dalle normative sulla privacy e i dati raccolti risultano spesso frammentati tra mondo online e offline. In mezzo a questo scenario in continua evoluzione, qual è lo strumento che può rimettere ordine nelle analisi di chi opera in questo settore? Ecco, la risposta è proprio il Marketing Mix Modelling (MMM).
In questo articolo voglio raccontare cos’è, perché è fondamentale utilizzarlo e come può fare la differenza non solo nel CRM, ma in una strategia media integrata.
Cos'è il Marketing Mix Modelling?
Il Marketing Mix Modelling è una tecnica statistica che permette di stimare l’impatto reale delle diverse leve di marketing (come ADV, promozioni, prezzi, stagionalità) sui risultati di business, tipicamente sulle vendite.
Come funziona?
Il MMM si basa spesso su modelli di regressione, cioè formule matematiche che collegano le variazioni delle vendite (o di altri KPI) alle variazioni delle attività di marketing.
Facciamo un esempio:
Se vuoi capire quanto le campagne TV, le promo in negozio e le Meta Ads hanno influito sulle vendite dell'ultimo anno, il modello MMM analizzerà i dati storici (es. spesa mensile per canale, vendite mensili, presenza di promo, ecc.) e calcolerà il contributo di ciascuna leva. Un modello di regressione lineare potrebbe essere:
Vendite = β₀ + β₁ × Spesa TV + β₂ × Spesa Meta + β₃ × Promo + ε
Ogni elemento della formula ha un significato preciso:
β₀ (beta zero): è il valore di base delle vendite, cioè quanto venderesti anche se non spendessi nulla in TV, Meta o promozioni. In matematica si chiama anche "intercetta".
β₁ (beta uno): misura quanto aumentano (o diminuiscono) le vendite per ogni euro in più speso in pubblicità TV, tenendo fisse tutte le altre variabili. Esempio: se β₁ = 3, significa che ogni euro speso in TV porta in media 3 euro di vendite in più.
β₂ (beta due): misura quanto incidono le spese su Meta sulle vendite, sempre a parità delle altre variabili. Esempio: se β₂ = 2, ogni euro speso su Meta genera in media 2 euro di vendite aggiuntive.
β₃ (beta tre): indica quanto influiscono le promozioni sulle vendite. Se β₃ = 5, ogni unità (ad esempio ogni promozione attivata) porta 5 euro in più di vendite.
ε (epsilon): rappresenta tutto ciò che non è spiegato dal modello, cioè la "casualità" o altri fattori non considerati (ad esempio eventi imprevisti, errori di misura, ecc.).
I coefficienti (β₀, β₁, β₂, β₃) nella formula del modello di regressione vengono stimati attraverso una procedura matematica chiamata metodo dei minimi quadrati. In pratica, il modello cerca la combinazione di coefficienti che rende la differenza tra i valori di vendite osservati (i dati reali) e quelli previsti dalla formula il più piccola possibile.
Ecco come funziona, in modo semplice:
Raccolta dati: si raccolgono dati storici sulle vendite e sulle variabili di interesse (spesa TV, spesa Meta, promozioni, ecc.) per un certo periodo di tempo.
Costruzione del modello: si applica la regressione lineare multipla, che cerca i valori dei coefficienti (β₀, β₁, β₂, β₃) che meglio "fittano" i dati. Questo significa trovare quei numeri che, inseriti nella formula, permettono di prevedere le vendite osservate con il minor errore possibile.
Metodo dei minimi quadrati: il metodo dei minimi quadrati consiste nel minimizzare la somma dei quadrati delle differenze tra i valori di vendite effettivi e quelli calcolati dal modello. In altre parole, il modello cerca di ridurre al minimo gli errori di previsione complessivi.
Risultato: il risultato sono i valori stimati dei coefficienti β₀, β₁, β₂, β₃.
Niente panico, questa procedura viene fatta automaticamente da software di analisi statistica (come Excel, R, Python, ecc.), che restituiscono i valori ottimali dei coefficienti a partire dai dati inseriti.
In sintesi, i coefficienti si stimano facendo “provare” al modello tante combinazioni diverse, fino a trovare quella che permette di prevedere le vendite passate con il minor errore possibile. Il loro valore indica quanto una specifica leva di marketing contribuisce, in media, a far crescere (o calare) le vendite, indipendentemente dalle altre leve.
Dati aggregati, nessun problema di privacy
Il MMM lavora su dati aggregati, cioè dati riassuntivi e anonimi, non sul singolo utente.
Esempi:
Vendite totali settimanali per negozio
Spesa pubblicitaria mensile su ciascun canale
Numero totale di coupon utilizzati in un mese
Tasso di apertura medio delle email in un trimestre
Questi dati sono raccolti e analizzati a livello aggregato (es. totale negozi, totale e-commerce), non a livello individuale. Questo approccio funzionando su dati aggregati e anonimi, è indipendente dalle restrizioni sulla privacy e dal progressivo abbandono dei cookie di terze parti.
Perché è fondamentale utilizzarlo
I professionisti del marketing oggi si trovano spesso a dover rispondere a domande strategiche complesse:
Stiamo spendendo troppo su Meta?
I saldi stanno cannibalizzando le vendite a prezzo pieno?
Quanto pesa davvero l'advertising digitale rispetto alla loyalty?
Il problema è che i dati 1:1 non sempre danno queste risposte, soprattutto quando il percorso d'acquisto si frammenta tra online e offline, o tra diversi dispositivi. Il MMM diventa essenziale per:
Superare i limiti dell'attribuzione tradizionale in un mondo sempre più privacy-first
Integrare tutti i touchpoint del customer journey in un'unica analisi
Prendere decisioni strategiche basate su dati anziché su intuizioni
Ottimizzare l'allocazione dei budget tra canali diversi
Come funziona nella pratica? (Esempi di strumenti e modelli)
Per costruire un modello MMM efficace puoi partire da un semplice foglio Excel (per analisi base) fino a strumenti di Business Intelligence come Power BI, Tableau o software specializzati come Meta Robyn, Ruler Analytics, Cassandra, ecc.
Esempi di dati da raccogliere:
Spesa media mensile per canale (TV, Meta, Google, radio, ecc.)
Vendite (e-commerce + negozi fisici)
Calendario promozioni (e attività CRM)
Variabili esterne: meteo, eventi speciali, festività, trend di mercato
Esempi di modelli:
Modello di regressione lineare semplice: per stimare l'impatto diretto di ogni leva sulle vendite (visto prima)
Modello con effetti ritardati (adstock): per stimare l'effetto prolungato di una campagna TV sulle vendite delle settimane successive
Simulazioni "what if": per vedere cosa succede alle vendite se cambi il budget di un canale
Benefici reali dell'utilizzo del MMM
Budget più intelligenti: È possibile dimostrare che, ad esempio, le promozioni mirate su clienti fedeli hanno un ROI superiore rispetto a campagne broad su Meta.
Difesa della loyalty: In aziende dove il focus è tutto sul "new business" (cioè acquisire nuovi clienti con campagne di lead generation), il MMM permette di dimostrare l'effetto incrementale delle attività di retention, come le campagne di riattivazione o i programmi fedeltà.
Più dialogo tra team: Grazie a questa vista trasversale, è possibile parlare la stessa lingua di chi gestisce ADV, ATL e promozioni retail. Il MMM unisce i mondi e aiuta a prendere decisioni condivise.
Se vuoi approfondire, puoi sperimentare modelli base anche con dati interni e Excel, oppure affidarti a strumenti open-source come Meta Robyn o soluzioni BI più avanzate, in base alla complessità delle tue domande e dei tuoi dati.
Il Marketing Mix Modelling è oggi uno strumento fondamentale per chi vuole leggere l'impatto reale delle campagne, ottimizzare i budget e prendere decisioni strategiche, anche in un mondo dove la privacy limita il tracciamento individuale.
Nota sulla storicità dei dati
Perché un modello di Marketing Mix Modelling sia realmente affidabile, è fondamentale disporre di dati storici sufficientemente lunghi. La maggior parte degli esperti e delle piattaforme di settore raccomanda almeno due anni di dati storici per ottenere risultati robusti e per identificare correttamente effetti di stagionalità e trend ricorrenti. In alcuni casi, è possibile iniziare con un minimo di 12 mesi, ma la qualità e la precisione delle analisi aumentano sensibilmente con una finestra temporale più ampia, idealmente tra i 24 e i 36 mesi. Alcuni modelli avanzati suggeriscono anche di prevedere un breve periodo iniziale (burn-in) di circa 3 mesi per evitare distorsioni dovute all’assenza di dati pregressi.
Disporre di una storicità adeguata permette al modello di distinguere tra variazioni casuali e pattern strutturali, garantendo così analisi e simulazioni più attendibili per le decisioni strategiche future.
Sono un CRM Manager con esperienza nel digital marketing e nel retail. Questo articolo riflette opinioni personali basate sulle mie esperienze professionali.